Perry Mason. Il fascino indiscreto della Verità

Il mio primo articolo su «Il Dubbio», il giornale della Fondazione dell’Avvocatura Italiana diretto da Piero Sansonetti, è dedicato all’archetipo di Perry Mason, un difensore che è allo stesso tempo pubblico ministero e giudice. Nei suoi casi nessuna traccia di garantismo.  6a00d8341d6d8d53ef01bb083b255a970d

Figure sfaccettate, determinate e ambizione, moraliste e amorali, ciniche e sentimentali: gli avvocati hanno sempre affascinato il mondo della televisione. Anzi, il genere del legal drama che li vede come protagonisti è vecchio quanto il piccolo schermo: il tribunale diviene palcoscenico primario in cui va in onda, in forma rituale e popolare, l’eterno conflitto tra legge e giustizia.

E la carriera dei legali in tv inizia con un vero e proprio archetipo: Perry Mason. Il protagonista dei romanzi gialli di Erle Stanley Gardner e dell’omonima serie televisiva creata dalla Cbs, infatti, è l’avvocato per antonomasia. Con nove stagioni per un totale di 271 episodi dal 1957 al 1966 e 26 film per la tv dal 1985 al 1993 venduti in tutto il mondo e replicati all’infinito, la serie ha alimentato un vero e proprio culto di massa. Uno dei primi casi mediatici in cui attore e personaggio si sovrappongono: non esiste Perry Mason senza il volto di Raymond Burr, l’attore perturbante de La finestra sul cortile di Hitchcock, che invecchia e muore con la serie.

Dalla tv in bianco e nero degli anni 50 alle repliche su Rete Quattro fino alla recente riproposizione sul canale Fox Retro: Perry Mason ha affascinato intere generazioni che si sono appassionate, fin dall’inconfondibile sigla di apertura, alla struttura ripetitiva che, episodio dopo episodio, si reitera senza possibilità di deviazione.

L’articolo integrale si può leggere qui.