Silhouette Donna – luglio 2017 – Il 16 luglio va in onda l’attesissima settima stagione della serie tv che vanta 23 milioni di fan nel mondo. La mia intervista (realizzata dalla giornalista Elena Goretti di Silhouette Donna) sulle ragioni di questo grande successo.
“Winter is here”. L’inverno è arrivato, ha annunciato Jon Snow alla fine della sesta stagione. E anche se può sembrare un paradosso, è il 16 luglio, nel pieno della nostra estate, la data prevista per questo arrivo, quando cioè avrà inizio la settima stagione del Trono di Spade, la serie tv cult creata da David Benioff e D.B. Weiss per HBO basata sulle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin. Non è l’ultima – i due autori hanno annunciato che ci sarà un’ottava e ultima stagione – ma forse è la più attesa, perché nelle sette, nuove puntate che andranno in onda per tutta l’estate (il finale di stagione è previsto per il 28 agosto) ci sarà la resa dei conti tra le casate in gara nel “grande gioco del Trono”, ovvero in quella spietata, subdola e violenta lotta di potere per la conquista del Trono di Spade dei Sette regni.
Shakespeare in salsa pulp
«Non c’è niente di più eccitante di avere le chiavi per entrare in un universo parallelo, con una mappa, confini, castelli, lingue, simboli, casate e un codice molto preciso fornito solo a chi diventa un fedele spettatore» spiega Lucrezia Ercoli, filosofa fondatrice di Popsophia, associazione e blog che organizza eventi e riflessioni sui fenomeni pop della cultura di massa (www.popsophia.it). «In questa saga, in più, non si seguono le vicende di un solo eroe, ma dell’umanità intera, in una specie di Storia con la S maiuscola che possiede elementi del passato (come la guerra delle Due Rose, la guerra dinastica inglese tra i Lancaster e gli York nel 1455, o la guerra dei Cent’anni), ma anche del presente. Una Storia ha tutti gli elementi della tragedia classica: la morte, la passione, la vendetta, il destino, l’amore infelice, l’intervento del divino in pieno stile Shakespeare (pensiamo a Otello, Macbeth, Amleto, re Lear), solo miscelati in una storia più fantasy».
Com’è sexy il tabù
«C’è poi un elemento in più che a mio parere ha determinato il successo di questa serie tv» aggiunge Lucrezia Ercoli: «le scene di sesso estremamente esplicite, tra eterosessuali, omosessuali e persino tra fratelli. Portare l’incesto in tv, nella prima stagione, significa mostrare quei tabù impronunciabili che fanno parte della nostra natura ambivalente, verso cui abbiamo repulsione ma contemporaneamente proviamo attrazione. Ci riguardano, sono veri, e per questo ci piacciono moltissimo».
Non ci sono sconti, come nella vita vera
Le serie televisive degli ultimi 5-10 anni sono ormai piccoli capolavori di cinema, con sceneggiature, attori e produzioni di altissima qualità e livello. Basti pensare a The Young Pope di Paolo Sorrentino con Jude Law, a True Detective con il premio Oscar Matthew McConaughey, Big little Lies con Nicole Kidman, o Fargo dei fratelli Cohen. Spesso le sceneggiature raccontano storie vere, anche molto crude, mantenendo però ben distinti i buoni, i cattivi, e alcuni protagonisti intoccabili dalla sorte. «Non è così per il Trono di Spade» specifica la filosofa. «Martin e gli sceneggiatori della serie tv hanno voluto mostrare la vita così come è, dominata cioè da leggi casuali. La morte, dunque, arriva per tutti, anche in modo ingiusto, anche per i personaggi più amati. Così lo spettatore vive lo stesso sgomento che prova quando viene a mancare una persona cara, che non doveva morire, e si domanda: “E adesso come farò? Come si può andare avanti?”.
Non affezionatevi a nessun personaggio
Ne Il Trono di Spade la morte arriva infatti per Eddard Stark nella prima stagione, per il figlio Robb e per la moglie Catelyn, per Jon Snow , per i bambini come Shireen Baratheon e per i più deboli come Hodor, facendo versare litri di lacrime ai telespettatori. «Non c’è morale, le ingiustizie non vengono ripagate da qualche pena retributiva (come spesso accade nelle trame delle serie televisive, ndr): il “diverso” viene deriso, può morire, non c’è un lieto fine. Ed è questo che piace alla gente, perché anche la vita è molto spesso ingiusta e nessuno ha più voglia di essere fintamente consolato da un finale alla “Happy days” dove tutto viene ricompreso nella felicità familiare».
Valar Morghulis: gli uomini devono morire (le donne no)
Daenerys Targaryen, Sansa Stark, Arya Stark, Cersei Lannister, le Serpi delle sabbie… nella serie del Trono di Spade emerge ogni stagione sempre più chiaramente che sono le donne la vera forza della Storia. Soltanto Daenerys nel corso della sua giovane vita ha conquistato l’appellativo di Khaleesi, Nata dalla tempesta, Madre dei draghi, Non bruciata, Distruttrice di catene, Prima del suo nome, Regina degli Andali e dei Primi Uomini, a dimostrare le sue gesta e il suo potere. «Rispetto alla prima stagione molto dominata dal maschile, a poco a poco emerge una forza del femminile molto accentuata, con donne sempre più intraprendenti e importanti» conferma Ercoli. Donne che possono essere tutto ciò che vogliono: madri, regine, guerriere, servitrici, meretrici o omosessuali. E che non si fanno piegare dagli uomini, tranne quando sono loro stesse a volerlo, per convenienza o per strategia. Non a caso, quando la fedele ancella Missandei pronuncia davanti a Daenerys la famosa frase in Valyriano: “Valar Morgulis”, che significa “tutti gli uomini devono morire” la Regina dei Draghi risponde: “Sì, tutti gli uomini devono morire. Ma noi non siamo uomini”. Loro sono donne. E le donne sopravvivranno».
(L’articolo integrale con la bellissima intervista di Elena Goretti a Sergio Altieri, traduttore ed editor della saga letteraria da cui è stata tratta la serie, è in edicola con il numero di luglio 2017 di Silhouette donna)