Intervista apparsa su Cronache Maceratesi il 28 agosto 2013
Lucrezia, al tuo confronto Francesco Micheli è un uomo di mezza età… Come ci si sente a dirigere una macchina imponente come quella di Popsophia?
Siamo in linea con la “rottamazione” che ora va molto di moda… Scherzi a parte, non è una passeggiata. Esaltazione e tensione vanno di pari passo. Più che l’età, il nome e le buone intenzioni, alla fine contano solo i risultati. Dopo il festival di Pesaro, ho tirato un sospiro di sollievo. Comunque non ho giocato la partita da sola, ma con una squadra (quasi tutta al femminile) di giovani che investono energie creative nel progetto.
C’è discontinuità rispetto alle edizioni precedenti?
Molta. La prima differenza è che il “lifting anti età” ha orientato anche le scelte artistiche: molti ospiti tra i venti e i quarant’anni, coinvolgimento diretto degli studenti negli eventi, progetti multimediali che si avvicinano agli interessi dei giovani. La seconda novità sta nella comprensione e nell’approfondimento di un tema specifico, contro il genericismo pressappochista della passerella estiva di molti altri festival. Terza, ma non ultima, la sfida economica; quella di realizzare un evento nazione con un budget ridottissimo.
Sei anche la prima persona a riuscire nell’intento di togliere il microfono a Evio Hermas Ercoli… Cosa ti ha detto tuo padre dopo il successo di Pesaro? Ti consiglia o cerca di non influenzarti?
In effetti, mio padre ha una personalità e una storia ingombranti e renderlo inoffensivo non è proprio un’impresa facile. Ma mi ero allenata. È dall’epoca di “Tuttoingioco” che lo affianco per studiare le strategie giuste… Che mi ha detto dopo Pesaro? Mi ha detto “brava”. Per il resto, mio padre rimane fra i critici più severi del mio lavoro.
Sin dall’inizio ha curato le rassegne filosofiche del Festival. Ma che cosa significa “popsophia”?
La Popsophia è un genere: non è un semplice neologismo, ma una “prassi”, un modo particolare di “fare” filosofia. In questa definizione, certo, c’è la presunzione della sfida culturale che ha generato consensi e dissensi nel dibattito nazionale.
Esiste un confine tra il popolare e la filosofia?
Chi pretende di definirlo con certezza senz’altro non esercita il pensiero critico. La filosofia ci insegna che i confini sono sfumati e indefiniti. Il vero conservatorismo contemporaneo è mantenere questa divisione tra cultura bassa e cultura alta. L’obiettivo di Popsophia è sfidare questo pregiudizio.
Quali saranno i temi pop dell’evento di Tolentino?
Le “Giornate della Rancia” sono un vero e proprio esercizio di Popsophia. Il punto di partenza – “o combatti, o scappi, oppure…” – è un perfetto slogan per una filosofia del contemporaneo. In altri termini, si tratta di trovare un’alternativa – un “oppure” – alle reazioni dell’istinto animale: l’aggressività del combattimento o la pavida fuga. L’uomo cerca la via d’uscita nelle arti: il fumetto, la recitazione, la danza, l’umorismo. Il metodo di indagine, però, è quello popsofico: nessuna concessione alla mera erudizione, ma pensiero critico che si misura e si contamina con fenomeni pop, da Topolino a Trono di spade, da Stanlio e Ollio a Casalinghe disperate.
Qual è il futuro di Popsophia?
A breve termine, di espugnare il castello della Rancia centrando l’obiettivo culturale. Subito dopo vedremo. “Settembre, andiamo. È tempo di migrare”.